11.9.11

Gli occhi azzurri della Rivoluzione

Qualche giorno fa tornavo a casa dal cardiologo (perché a quanto pare sto morendo, e le mie camere cardiache soffrono, meccanicamente soffrono, le sistole) quando ho incontrato Bubbalino. Bubbalino ti voglio bene bene avrebbe scritto, forse, Alessio Mainardi se fosse stato gay.

Bubbalino una volta fu fermato dalla Polizia con 10 grammi di erba addosso e l’unica cosa che seppe dire fu: ‘Non è per me’ dichiarando così che non era per uso personale, e che lui era uno spacciatore di droga. Passò molti guai per quella frase. Perché dovete sapere che la mia Terra Madre è un posto piccolo e dimenticato da Dio dove non succede mai un cazzo di nulla. Così, se a Roma, capitale grande e grossa piena di auto blu, i poliziotti non hanno il tempo di rompere il cazzo ai ragazzini perché hanno da pensare al Papa, ai negri che stuprano le ragazze, ai rumeni che stuprano qualsiasi cosa, ai ladri, alle bombe, agli assassini e a diversi e variegati tipi di mafia, giù da me l’unica cosa che possono fare per tentare la carriera e farsi mettere una foto della loro faccia di merda su un giornale locale è arrestare giovani minorenni che, più perché non hanno nulla da fare che per altro, cominciano a fumare erba. Io alle elementari mi vedevo con Pisellino e ci fumavamo i tuberi delle patate, per dire. E quante se ne inventano, quei poliziotti di merda. Facevano i finti operai a scuola e vagavano per i cessi in cerca di lampadine da riparare e ragazzini da fottere. Andavano girando con macchine non di servizio (sempre nella mia mente rimarrà la Punto Fucsia targata 696) e poi ti si avvicinavano, con vestiti civili, per chiederti, con occhi vispi: ‘Scusate ragazzi, avete mica della droga da vendere?’. Quegli imbecilli credevano davvero che il ragazzino di turno ci sarebbe cascato come un pirla, e invece, puntualmente, la risposta era un secco no, e loro se ne andavano mogi mogi chiedendosi come mai il loro piano perfetto non aveva dato i risultati sperati.

Bubbalino, una volta, al grido di ‘Polizia bastarda!’, prese a calci una macchina della Polizia. Solo dopo notò che c’erano due poliziotti seduti dentro. Passò molti guai.

Bubbalino era uno che i fascisti non li poteva proprio vedere. All’epoca, nel centro storico, c’era un locale che rappresentava, politicamente, la sede di Alleanza Nazionale. Una enorme bandiera sventolava costantemente dal balcone dell’edificio, a non più di due metri e mezzo da terra. Un edificio in pietra bianca, massiccio e basso, come spesso accadeva nell’edilizia preguerra. Bubbalino, una sera, si presentò lì con suo fratello: voleva dare fuoco a quella bandiera, e nessuno lo avrebbe fatto desistere dall’infiammare un tricolore. Proprio sotto il balcone, salì sulle spalle del fratello e, mentre con una mano si reggeva sul freddo marmo, con l’altra tentava di afferrare la bandiera. Il caso volle però che alcuni camerati, lì in fondo alla strada, notarono quel tentativo di aborto patriottico e, urlando bestemmie, cominciarono ad accorrere.

Il fratello di Bubbalino, a causa dell’intensa emozione derivata dalla percezione del pericolo, reale o supposto, pensò bene di scappare, lasciando Bubbalino appeso al balcone, come un povero coglione. Bubbalino allora si lasciò cadere, rovinò a terra e si sbucciò un ginocchio. Strillò per il dolore, tenendosi con entrambe le mani la parte lesa. Ma subito dopo si rialzò per correre via, osservando i fascisti sempre più vicini alle sue tubercolosità ischiatiche; vide allora una bicicletta poggiata su un muro, e pensò bene di requisirla in nome del Popolo Sovrano, che di certo sarebbe stato dalla sua parte. Prese la bicicletta, ci salì sopra, diede una forte pedalata. La bicicletta però era attaccata con una lunga corda ad una grondaia, lui cadde con la faccia che si spiaccicò sul ciottolato, e si spezzò i due denti davanti, il coglione.

Un giorno io me ne stavo nel retro della piazza, con i miei amici grandi e musicalmente cristallizzati che mi spacciavano i dischi dei Kiss e mi dicevano che il black metal è una merda, seduti per terra, a fumare Lucky Strike morbide. Perché quelle dure sono amare.

D’un tratto vidi Bubbalino avvicinarsi a noi, zoppicando in modo strano. Cosa gli era successo? Qualche sera prima, l’aitante giovine, si era portato, nella villetta semibuia del paese, Marta, ragazzina di forse quindici anni, con le tette spaventosamente grosse, perché lei stessa spaventosamente soprappeso. Cristo quante virgole che metto. Lei, probabilmente molto eccitata vel dalle prime sue esperienze sessuali e dall’enorme dose di estrogeni nel sangue vel dallo stare con un ragazzo più grande di lei e di indubbia personalità, gli prese il cazzo in mano e, nel fargli una sega, gli strappò il filetto e gli lacerò il glande in due punti. Il Bubbalino furioso, e sborrante sangue, non seppe che fare se non chiamare il suo papà che probabilmente fu bel poco lieto di accompagnarlo in Pronto Soccorso. Quello che io mi chiedo è cosa si dissero Marta e questo povero padre in sala d’attesa, mentre Bubbalino era qualche stanza più in là a farsi ricucire la cappella.

Ogni volta mi dimentico di domandarglielo, ma quello che è certo è che anche quando il mondo intero sarà sconvolto dalle esplosioni atomiche, sulla faccia della terra gli oceani saranno scomparsi, e le pianure avranno l'aspetto di desolati deserti, io avrò la certezza che Bubbalino starà facendo una stronzata. Se non capite la citazione, fate veramente cacca.

Bubbalino io ti voglio bene bene. Giuro, più dei Life of Agony.


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