2.9.12

Gerarchia spirituale

Mai gli uomini capiranno perché alcuni di loro sono destinati ad impazzire, perché esiste questa fatalità inesorabile che è l’ingresso nel caos, dove la lucidità non può durare che lo spazio di un lampo. Le pagine più ispirate, da cui promana un lirismo assoluto, in cui si è in preda a un’esaltazione, a un’ebbrezza totale dell’essere, non si possono scrivere se non in una tensione nervosa tale da rendere illusorio ogni ritorno all’equilibrio. Dopo simili tensioni generalmente non si sopravvive: la molla intima dell’essere cede, le barriere interiori crollano. Il presentimento della follia non sopraggiunge se non in seguito a esperienze capitali. Quasi ci si fosse sollevati ad altezze straordinarie alle quali si è colti da vertigini, si vacilla, si perdono la sicurezza e la percezione normale del concreto e dell’immediato. Un grande peso sembra comprimere il cervello, come per ridurlo a un’illusione, ma sono proprio queste sensazioni a rivelarci la tremenda realtà organica da cui sorgono le nostre esperienze. E sotto questa pressione, pronta a gettarci a terra o a farci saltare, nasce il terrore, le cui componenti sono difficili da definire. Non il terrore tenace ed ossessivo della morte, che s’impossessa dell’uomo e lo domina fino a soffocarlo; non è un terrore che si insinua nel ritmo del nostro essere per annientare in noi il processo della vita, ma un terrore attraversato da rari e intensi bagliori, come un turbamento improvviso che elimina per sempre ogni possibilità di lucidità futura. E’ impossibile precisare e definire questo strano presentimento della follia. La cosa davvero spaventosa è il fatto che noi vi avvertiamo, vivendo, una totale e irrimediabile perdita per la nostra vita. Pur continuando a respirare e a mangiare, ho perso tutto ciò che ho mai potuto aggiungere alle mie funzioni biologiche. Non è che una morte approssimativa. Nella follia perdiamo la nostra specificità, tutto ciò che si pensa ci individualizzi nell’universo, la nostra prospettiva particolare e un preciso orientamento della coscienza. Anche la morte ci fa perdere tutto, ma lo perdiamo precipitando nel nulla. Così, benché persistente ed essenziale, la paura della morte è meno bizzarra di quella della follia, in cui la nostra semipresenza è un fattore di inquietudine ben più complesso rispetto all’organica paura dell’assenza totale che si prova davanti al nulla. La follia non sarebbe allora una fuga dalle miserie della vita? Questa domanda si giustifica solo in teoria, perché in pratica, a chi soffre di certe ansietà, la questione appare sotto una luce – o piuttosto sotto un’ombra – tutta diversa. Il presentimento della follia è reso più complesso dalla paura della lucidità nella follia, la paura dei momenti di ritorno in sé, in cui l’intuizione del disastro potrebbe essere così dolorosa da provocare una follia ancora più grave. Se non c’è salvezza attraverso la follia, è perché non c’è nessuno che non ne tema gli sprazzi di lucidità. Si desidererebbe il caos, ma si ha paura delle sue luci.
Ogni forma di follia è determinata dalle condizioni organiche e dal temperamento. E poiché la maggioranza dei folli si trova fra i depressi, per forza di cose la depressione è più diffusa degli stati di esaltazione allegra e traboccante. Nei depressi è così frequente la melancolia nera che quasi tutti hanno una tendenza al suicidio – soluzione, questa, quanto mai difficile finché non si è pazzi.
Vorrei perdere la ragione ad un unico patto: essere sicuro di diventare un pazzo allegro, brioso ed eternamente di buon umore, senza problemi né ossessioni, che ride senza motivo dalla mattina a sera. Desidero infinitamente estasi luminose, eppure allo stesso tempo non ne vorrei, perché ad esse fanno inevitabilmente seguito le depressioni. Vorrei invece che un bagno di luce scaturisse da me e trasfigurasse il mondo intero, un bagno che, lungi dalla tensione dell’estasi, conservasse la calma di un’eternità luminosa. Avrebbe la leggerezza della grazia e il calore di un sorriso. Vorrei che il mondo intero galleggiasse in questo sogno di luce, in questo incantesimo di trasparenza e di immaterialità; che non vi fossero più ostacoli, materia, forme o confini. E in questa visione, vorrei morire di luce.
 
 

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