18.5.13

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Innanzitutto salutiamo Julia, l'argentina canarina che ci legge da Buenos Aires. Pluralis maiestatis. Julia mi ha regalato una palletta rossa appiccicosa di quelle che se lanci per terra fanno splet e si spiaccicano e poi tornano alla forma originale. Una volta l'ho lanciata sul suffitto e per staccarla c'ho messo due ore, mortacci sua.


Comunque. Un uomo è arrivato sul mio blog digitando
trust me i'm an engineer
e quindi ora vi racconto una storia. Una storia che farà sorridere gli ingegneri, mentre tutti gli altri avranno una dimostrazione in più su quanto questi siano una disgrazia e una calamità per l'intero genere umano.

Il semestre scorso, il mio amabile professore ci ha lasciato con un compito per casa. Non c'erano limiti di tempo, ma il primo a risolverlo lo avrebbe scritto alla lavagna, dimostrando così la sua superiorità intellettuale sui colleghi.

Vi narro dell'esercizio in maniera semplice, in modo che potiate capirlo anche voi, che fate schifo.

Immaginate di avere un paziente con un tumore al cervello di quelli belli, tipo un glioma, che ti stroncano a un anno dalla diagnosi, dopo vari stadi di cecità, pazzia, sdoppiamento della personalità.
Un giorno il chirurgo vi chiama e vi dice che stava pensando di iniettare farmaco chemioterapico direttamente in loco, così, per cazzarare.

Iniettare in loco significa trapanare la scatola cranica e infilare un siringone di sostanze tossiche e radioattive direttamente nel cervello, sul tumore succhiagluocosio.
Quello che fa l'ingegnere è l'analisi di fattibilità, valutare dove bucare, quanto farmaco iniettare e così via, per accertarsi che il farmaco diffonda lì dove deve, e non in zone sane.

Il problema non è semplice. Anche approssimando il tumore ad una sfera o il cervello a un mezzo isotropo (cosa che comunque non puoi fare) ci sono una enormità di paramentri in gioco, diffusività, reazioni cinetiche di ordine boh, equazioni differenziali a derivate parziali non stazionarie accoppiate con profili di velocità, ed una enorme serie di limiti fisiologici, dal raggio della siringa a quanti buchi fare (non possiamo trapanare il cervello tipo formaggio svizzero, ne converrete).

Vabbè, fidatevi, un bel dito al culo.

Queste sono le cose più mediche che possa fare un bioingegnere, tipo anche dimensionare i fluidi di dialisi, controllare in situ la stabilità di una valvola cardiaca o valutare che tipo di vite usare per un fratturato con la cosapevolezza che un eventuale errore ti fa finire in GALERA, dopo aver passato due anni in Tribunale cercando di convincere il giudice che l'integratore algebro differenziale assicurava che l'osso avrebbe retto al campo tensionale quando invece la testa del femore è esplosa frantumandosi in mille pezzettini ed il paziente è MORTO.
E' sempre una questione di responsabilità, generalmente: più responsabilità=più soldi di stipendio.

Comunque, dicevo. Una parte della classe rifletteva sul problema, ovviamente in maniera indipendente, stimolando competizioni ed antipatie. Ogni tanto ne discutevamo insieme, ma ci dicevamo informazioni frammentarie, giusto per sviarci l'un l'altro. L'altra metà della classe se ne sbatteva allegramente il cazzo, e passava le giornate a scopare e godersi la vita.

Io riflettevo al problema sorpattutto la sera, nel letto, e spesso scivolavo nel sonno sognando tumori, morti, flussi, condizioni di Neumann, thiele quadri.

Un bel giorno, un collega calabrese (un mongoloide come pochi) arriva in aula gonfio come un pavone, dichiarando di avere la Soluzione.
Gli si chiede, come hai fatto?
Lui: 'PraT'hamente, ho sfruTTTato il flusso conveTTTivo'
Al che Martina (una simpatica giovincella nella quale tento di entrare nelle mutande da tipo sempre, e che dopo due minuti mi ha sbattuto in friendzone) se ne esce chiedendo:
'Ma l'hai considerata la pressione intracranica?'
Compare una crepa sul volto del calabrese.

Ovviamente Martina aveva ragione, avrà anche la vagina, ma non è così stupida.

Dopo millemila calcoli e blablabla, viene fuori che la soluzione del calabrese implicava una pressione di dieci bar. DIECI BAR.

DIECI. FOTTUTISSIMI. BAR.
(dieci bar sono più o meno dieci atmosfere)

Ora, a parte il fatto che se applichi dieci bar a una siringa questa si polverizza o l'ago schizza via conficcandosi in un muro, pure ammettendo quello che cazzo vi pare, sparare un liquido a dieci fottutissimi bar nel cervello di un uomo equivale in pratica a fargli esplodere la testa.




Ed è così che il calabrese ha perso qualsiasi tipo di credibilià e adesso viene visto come uno strano caso di scimmione peloso che per qualche assurdo motivo riesce a camminare eretto senza appoggiarsi sui dorsi delle mani.
E ovviamente continuiamo tutti a prenderlo per culo, e lo faremo per sempre, finchè non si suiciderà, perculandolo alla Ingegner Cane.
Tipo, un mesetto fa, il collega napoletano ha chiesto al calabrese: 'Ma tu, per arrivare da casa all'Università, quante nano ore su volume al kilowatt impieghi?' scatendando l'ilarità della dotta compagnia di asociali disadattati che frequento.

Tutto questo per dirvi che, con il progressivo e sempre più imponente inserimento dell'ingegneria nella medicina anche a livello puramente diagnostico/terapeutico, io posso assicurarvi che tra qualche anno vi ritroverete a rimpiangere la Sanità di oggi.

Un ingegnere al lavoro nella Sanità del 2020:



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